Storia di Marettimo 

Posta in un punto strategico del Mediterraneo, nell’isola sono passate molte civiltà. Alcune hanno lasciato tracce evidenti, altre invece aspettano di essere scoperte. Probabilmente già nello stesso periodo in cui l’uomo preistorico, circa 10.000 anni prima di Cristo, incise i propri segni nella Grotta del Genovese nella vicina Lèvanzo, allora terraferma, alcuni suoi abitanti si saranno avventurati sino a Marèttimo. Di sicuro sono di un periodo dal 5.000 al 2.000 a.C. le punte di freccia e varie schegge di ossidiana trovate sparse per l’isola e tuttora custodite in una bacheca dell’Associazione “Marèttimo” presso il Museo del Mare. 

La grotta carsica sopra la grotta marina della Pipa, esplorata nel 2005, mostra resti che spaziano dall’800 a.C. all’epoca medievale, segno di un’antichissima e prolungata frequentazione dell’isola da parte dei naviganti di passaggio, fermatisi a rifornirsi di acqua e a svolgere misteriosi rituali di antichissimi culti ormai dimenticati. 

Citata dall’autore greco Polibio (203-120 a.C.) col nome di Hierà Nèsos (Isola Sacra), Marèttimo entrò nei libri di storia in seguito alla battaglia delle Egadi del 10 marzo del 241 a.C., che pose fine alla prima guerra punica. 

Quel giorno la flotta cartaginese comandata da Annone – formata da 250 navi, per lo più da carico, con scorte alimentari destinate al generale Amilcare, il quale combatteva alle falde del Monte Erice – lasciò gli ancoraggi di Marèttimo e si diresse verso Trapani. Secondo studi recenti, la flotta cartaginese venne intercettata al largo di Lèvanzo dalle 200 navi comandate dal console romano Lutazio Catulo, salpato da Favignana. I cartaginesi furono nettamente sconfitti ed ebbero 50 navi affondate. I romani catturarono inoltre 70 navi e fecero 10.000 prigionieri. L’armistizio tra romani e cartaginesi fu firmato nella stessa Marèttimo, che rimarcò così un’antica vocazione alla sacralità e alla tregua tra popoli diversi, tipica di un altro isolato luogo di approdo del Mediterraneo centrale, Lampedusa.